Ora, la bacca è verde e fotosintetizza, la consistenza è ancora dura; gli zuccheri hanno una bassa concentrazione, invece gli acidi presentano la massima concentrazione. Esattamente, l’allegagione è quel processo in cui la pianta seleziona i fiori che trasforma in frutto e comincia a sviluppare i primi timidi acini. In questo modo, la pianta può liberarsi dell’eccesso di fiori per raggiungere la quantità ottimale da portare a maturazione in un equilibrio perfetto tra risorse e frutto.
Anche negli altri vigneti che risalgono le pendici del Vesuvio, le viti sono al lavoro: a diversa altitudine ed esposizione, possono variare i tempi delle fasi del ciclo della vite. I nostri wine lovers che scelgono di far visita ai vigneti, possono scorgere, tra le verdi foglie di vite, piccole sfere floreali che si trasformeranno in acini e determineranno la quantità di uva prodotta dal vigneto in questa annata.
La quantità di fiori che rimane attaccata alla pianta è determinata dall’impollinazione: solo quelli che sono stati auto-impollinati, daranno vita a un chicco d’uva. Questi ultimi, durante la successiva fase dell’invaiatura, si pigmenteranno assumendo le caratteristiche tonalità da gialle-verdi (per le uve a bacca bianca come il Caprettone, dalle quali si produrrà il Lacryma Christi del Vesuvio DOC, e la Falanghina) a rosso (come le uve di Piedirosso e Aglianico). E quei fiori non fecondati che cadranno sul terreno vulcanico saranno energie vitali sprecate? Certo che no! Nei nostri vigneti sul Vesuvio, a conduzione biologica, grazie alla totale assenza di pesticidi e sostanze chimiche nocive, si decomporranno, diventando il futuro nutrimento per la pianta, in un ciclo eterno in cui nulla viene perso, ma tutto si trasforma e torna a generare nuova vita.